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TRUMP CONTRO COHEN E IL GIUDICE MERCHANT. ECCO COSA STA ACCADENDO A NEW YORK


Michael Cohen, (“fixer” lo definiscono i media Usa) l’ex avvocato e uomo di fiducia di Donald Trump che ha dichiarato di avere pagato in segreto l’ex pornostar Stephanie Clifford, alias Stormy Daniels per comprare il suo silenzio riguardo la relazione avuta con l’allora suo capo, è tornato in tribunale a New York per continuare la sua testimonianza. Alla giuria ha detto di aver mentito a favore di Trump “per lealtà” e di aver bullizzato le persone per suo conto. Accuse pesanti come macigni che l’avvocato di Trump, Todd Blanche, che ha trascorso mesi a prepararsi con grande determinazione per mettere alle strette il grande testimone dell’accusa, ha cercato di demolire con un interrogatorio serrato che ha iniziato ricordando a Cohen il suo commento su Tik Tok su Trump, definito “un piccolo stronzo piangente”. Parole particolarmente offensive e che celano anche un po’ di rancore nei confronti di un uomo per il quale Cohen evidentemente si è sempre dedicato come lui ha ammesso con la massima devozione, ma forse anche molta frustrazione.  

“Ero immerso fino alle ginocchia nel culto di Donald Trump” diceva un tempo Cohen. Poi quando è scoppiato lo scandalo del pagamento alla pornostar, ha più volte detto e scritto: “Spero davvero che quest’uomo finisca in prigione”.

Gli avvocati di Trump hanno evidenziato le bugie che hanno portato Cohen in prigione puntando i riflettori sulla sua attività multimediale, podcast, post su Tik Tok, e molto altro, che è durata anni, oltre che quella commerciale, legata alla vendita dei suoi libri, dove ripetutamente Cohen ha scritto frasi di odio verso Trump. E ora il loro obiettivo è stabilire la rilevanza giuridica di tutti i colpi sferrati finora dall’ex factotum non giustificabili nemmeno per il rammarico da lui provato per le presunte bugie che Trump  lo avrebbe costretto a dire.  

Punti chiave del processo

  • Donald Trump è sotto processo a New York, accusato di aver falsificato documenti aziendali per aver versato denaro segreto alla pornostar Stormy Daniels
  • Michael Cohen, l’ex avvocato che ha pagato a Daniels 130.000 dollari per nascondere la presunta relazione di Trump con lei, è tornato sul banco dei testimoni

I “documenti falsi” mostrati alla giuria

Alla giuria sono state mostrate diverse fatture, assegni e matrici che secondo Cohen erano registrazioni false. Alcuni degli assegni sono stati firmati dallo stesso Donald Trump e un totale di 420.000 dollari è stato inviato a Cohen come “acconto legale”.  “Una somma”, ha detto Cohen, “che si traduceva semplicemente in un rimborso per ottenere il silenzio della Daniels. 

Ma perché Cohen ha continuato a mentire sul pagamento di Stormy Daniels quando è uscito sui giornali?
“Per garantire che la storia non venisse fuori e influisse sulle possibilità di Trump di diventare presidente degli Stati Uniti”, ha detto Cohen. 
“Non preoccuparti, sono il presidente”

Passando a un’irruzione dell’FBI nella residenza di Cohen nel 2018, l’ex faccendiere ha detto che gli era stato detto che il presidente si sarebbe preso cura di lui. Cohen ha affermato di aver lasciato a Donald Trump un messaggio in seguito, al quale ha poi risposto: “Non preoccuparti, sono il presidente degli Stati Uniti, andrà tutto bene, resta duro”. “Mi pento di aver fatto per lui cose che non avrei dovuto”, ha detto Cohen, al termine del suo  interrogatorio. “Ho violato la mia bussola morale e ne ho subito la punizione, così come la mia famiglia”.

Alla fatidica domanda: “Vuoi vedere Trump condannato?”

Blanche ha poi chiesto a Cohen se voleva che Donald Trump venisse condannato e lui ha risposto: “Certo”, mentre al giudice e alle parti coinvolte (e volutamente non al resto delle persone) veniva anche mostrata l’immagine di una tazza di caffè, un gadget ideato da Cohen contro il presidente, con la scritta “mandatelo alla Casa Grande, non alla Casa Bianca”.

“È un giorno molto triste per il nostro Paese, per New York”, queste le parole di Donald Trump, che ha reagito con la sua nota “furia” alla testimonianza del suo ex avvocato che ha raccontato alla giuria come, insieme all’ex responsabile finanziario della Trump Organization, Allen Weisselberg, e allo stesso Trump costruì il meccanismo per ottenere il rimborso dei 130mila dollari per comprare il silenzio della Daniels. Il meccanismo venne messo in piedi dopo la vittoria di Trump, nel gennaio 2017 quando, secondo il racconto di Cohen, Weisselberg suggerì che il rimborso figurasse come un compenso per prestazioni professionali, invece che una restituzione non tassabile. “Non ci pensai molto, volevo solo i miei soldi indietro”, ha raccontato Cohen. In aula, i procuratori hanno fatto sentire un audio, registrato da Cohen, in cui si sente Trump parlare della necessità di comprare anche la storia di McDougal. Dopo la testimonianza di Cohen, durata diverse ore, Trump ha attaccato di nuovo il giudice del suo processo, Juan Merchan, accusandolo di essere “un giudice corrotto e in conflitto di interessi”. “Mi sta impedendo di fare campagna elettorale” ha detto. E Merchan per tutta risposta ha imposto a Trump un gag order, ossia un “ordine bavaglio” per impedirgli di attaccare i testimoni del processo. Ora l’unica cosa certa è che la fine di questo processo sulle presunte irregolarità finanziarie commesse da Trump per comprare il silenzio della Daniels non è lontana. E ad oggi l’unica cosa certa è che Trump non si gioca solo la faccia, ma anche l’opportunità di rifare il presidente degli Stati Uniti. O almeno di provarci. Per questo motivo vuole uscire da questa storia con la palma del vincente.



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