A 15 anni dalla morte di Eluana Englaro, la Corte dei Conti ha condannato l’ex direttore generale della Sanità della Lombardia, Carlo Lucchina che aveva deciso per una sua “concezione personale ed etica del diritto alla salute” di impedire che alla donna fosse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo. Eluana doveva continuare a vivere seppur in quello stato vegetativo. Così con questa motivazione l’organo statale ha condannato in appello Lucchina a pagare all’erario circa 175 mila euro: ossia la stessa somma che la Regione dovette risarcire a Beppino Englaro, padre di Eluana, che all’epoca fu costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria in Friuli dove morì il 9 febbraio del 2009.
Eluana Englaro aveva 39 anni quando interruppero l’alimentazione artificiale che la teneva in vita. La donna aveva trascorso gli ultimi 17 anni in stato vegetativo irreversibile a causa di un gravissimo incidente stradale e il padre Beppino, nel 2008, si era visto negare da Lucchina la possibilità di dire stop ai trattamenti. La decisione dell’ex direttore sanitario regionale ebbe la meglio nonostante nel 2007 la Cassazione avesse stabilito che ciascun individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte d’appello di Milano su questa base aveva autorizzato la interruzione del trattamento. “Hanno sbagliato e ne devono rispondere”, ha commentato Beppino Englaro.
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