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Venezuelani alle urne vogliono Edmundo Gonzalez Urrutia al potere. Ma Maduro non vuole lasciare e minaccia “bagni di sangue”


I venezuelani oggi sono tutti chiamati alle urne e dovranno scegliere se votare per il presidente Nicolas Maduro, 61 anni,  e il rivale Edmundo Gonzalez Urrutia, 74, in un clima di forte tensione in seguito alla minaccia del presidente in carica di fare un “bagno di sangue” in caso di sconfitta, evento probabile secondo i sondaggi. Insomma Maduro fa la voce grossa, minaccia e poi passa anche alle vie di fatto, bloccando a Caracas la partenza di numerose persone, tra questi diversi osservatori internazionali, e quattro ex presidenti il ​​cui aereo venerdì non ha potuto prendere il volo. Per Maduro questo sarebbe un terzo mandato di sei anni alla guida di quello che un tempo era uno stato ricco di petrolio e che negli ultimi 10 anni invece ha visto il PIL crollare dell’80 percento, costringendo più di sette milioni dei suoi 30 milioni di cittadini a emigrare. Secondo sondaggi indipendenti, Maduro è molto indietro rispetto allo sfidante Gonzalez Urrutia in termini di intenzioni di voto, ma conta su un leale apparato elettorale, una leadership militare e istituzioni statali in un sistema di clientelismo politico ben consolidato. Quindi è certo della vittoria. Anche se non certissimo.

In effetti, i sondaggi suggeriscono che il voto di oggi rappresenti la minaccia più grande per i 25 anni di “chavismo”, il movimento populista fondato dal predecessore e mentore di Maduro, Hugo Chavez . Ma la posta per Maduro è troppo alta ed è improbabile che il presidente ammetta la sconfitta, soprattutto in assenza di garanzie di immunità, con il suo governo indagato dalla Corte penale internazionale per violazioni dei diritti umani, deve per forza vincere. Insomma per lui è una questione di “pace o di guerra”. “Se non vogliono che il Venezuela diventi un bagno di sangue, a causa di una guerra civile fratricida provocata dai fascisti, garantiamo il massimo successo, la massima vittoria elettorale del nostro popolo”, ha detto durante un comizio.

I suoi commenti però sono stati biasimati dal leader  brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva , che ha replicato dicendo: “Maduro deve imparare: se vinci, resti. Se perdi, te ne vai”. Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo , ha parlato con Machado sabato, scrivendo poi su X: “Siamo dalla parte della democrazia. Il mondo sta guardando queste elezioni”.

Venerdì una ONG venezuelana ha dichiarato che il regime detiene 305 ” prigionieri politici ” e ha arrestato 135 persone legate alla campagna dell’opposizione da gennaio. Giovedì, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha dichiarato che Washington spera in “elezioni pacifiche” e ha sottolineato che “qualsiasi repressione politica e violenza è inaccettabile”. Insomma le solite parole inconcludenti in nome della tanto cara democrazia. Washington, così come Caracas, è favorevole ad un allentamento delle misure punitive contro il settore petrolifero venezuelano, critico ma gravemente indebolito, in un momento di grande pressione sui prezzi del greggio, con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente . Anche il Venezuela è stato una delle principali fonti di pressione migratoria al confine meridionale degli Stati Uniti, una situazione che, secondo gli esperti, non potrà che peggiorare in caso di crisi politica post-elettorale. Il governo di Caracas accusa l’opposizione di aver cospirato contro Maduro, la cui rielezione del 2018 è stata respinta come illegittima dalla maggior parte dei paesi occidentali e latinoamericani. Anni di dure sanzioni non sono riusciti a far cadere il presidente, che gode del sostegno di Cuba , Russia e Cina .

Il governo ha schierato decine di migliaia di forze di sicurezza e ha rafforzato i controlli alle frontiere, vietando anche gli assembramenti pubblici e le proteste. “Sebbene le elezioni in Venezuela difficilmente saranno libere o eque, i venezuelani hanno la migliore possibilità in oltre un decennio di eleggere il loro governo”, ha affermato questa settimana Juanita Goebertus, direttrice di Human Rights Watch Americas, esortando la comunità internazionale a “sostenere i propri elettori”.



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