Sale a 37, scrive Ansa, il numero di donne protagoniste di denunce contro Mohamed Al Fayed – il defunto miliardario egiziano trapiantato nel Regno Unito e padre di Dodi, che morì insieme alla principessa Diana nell’incidente del 1997 – per episodi risalenti a decenni passati di presunti stupri e molestie sessuali seriali contro giovani e giovanissime dipendenti del grandi magazzini Harrods di Londra: gioiello della corona dell’impero del businessman, morto 94enne l’anno scorso, posseduto da Al Fayed fino al 2010. Lo hanno reso noto oggi gli avvocati che le assistono – sullo sfondo di quanto svelato ieri dalla Bbc in un documentario shock dal titolo ‘Al-Fayed: Predator at Harrods’ – durante una conferenza stampa. I legali hanno confermato di aver avviato a nome delle vittime “superstiti” una causa civile di risarcimento danni, che coinvolge anche la proprietà di Harrods: per cercare di “ottenere giustizia” contro i misfatti attribuiti a “un mostro”. La morte di Al Fayad, passato indenne da una prima indagine di polizia nel 2015, rende invece impossibile un processo penale. All’incontro con i media hanno partecipato vari avvocati britannici e anche Gloria Allred, legale americana già in prima fila in svariati casi giudiziari legati alla campagna MeToo e riguardanti episodi eclatanti di denuncia di violenze sulle donne: incluso quello svoltosi negli Usa contro il faccendiere Jeffrey Epstein, poi morto in carcere a New York, in relazione al giro di giovanissime prede sessuali messe a disposizione di amici vip.
Le denunce postume contro Mohamed Al Fayed, è stato precisato, vengono un po’ “da tutto il mondo” in termini di Paesi di residenza delle accusatrici (Italia e Usa compresi). Gli abusi contestati, come si era già appreso, sarebbero del resto avvenute non solo a Londra, ma in varie proprietà di lusso possedute dal chiacchieratissimo magnate a suo tempo in giro per il mondo: in Francia, negli Emirati e altrove. “L’ora della giustizia è arrivata”, ha detto la Allred. Mentre un altro componente del team legale, Dean Armstrong, non ha escluso il coinvolgimento nella richiesta d’indennizzi del patrimonio superstite di Al Fayed passato agli eredi. Anche se a essere preso di mira dovrebbe essere soprattutto il fondo d’investimento del Qatar – ben più solvibile – subentrato nel 2010 nella proprietà di Harrods al miliardario di origine egiziana (che ne aveva a sua volta acquisito il controllo nel 1985, salvo ritrovarsi in crisi di liquidità negli ultimi anni della sua vita): in nome di una pretesa “responsabilità oggettiva d’impresa” rispetto all’accaduto. “Perché focalizzare la causa su Harrods? Perché si tratta di un caso di traffico sistematico di donne destinate alla gratificazione sessuale iniziato con il processo di selezione di personale femminile tutto d’una certa età”, ha detto Armstrong, negando di essere a conoscenza di proposte di compensazioni extra giudiziarie delle vittime: la più giovane delle quali 16enne all’epoca dei fatti.
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