Secondo i dati definitivi di febbraio resi noti alcuni giorni fa dall’Istat, l’inflazione annua è pari +0,8%, come nel mese precedente. In ottobre si è registrato solo un piccolo rialzo, in un contesto di incertezza della domanda. “La graduale eliminazione dell’effetto base dell’energia sembra destinata a spingere l’inflazione complessiva verso l’1,5% entro fine anno”, spiega Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING, sui dati dell’inflazione italiana. “La stima preliminare dell’Istat mostra che l’inflazione complessiva è aumentata marginalmente in ottobre, raggiungendo lo 0,9% (dallo 0,7% di settembre), in linea con le nostre previsioni”. Alla base dell’aumento ci sono stati l’aumento dell’inflazione alimentare e, in misura minore, una minore disinflazione dei beni energetici regolamentati, che ha compensato la spinta disinflazionistica proveniente dai beni energetici non regolamentati e dai servizi ricreativi. L’inflazione di fondo si è stabilizzata all’1,8% su base annua. Il confronto fra servizi e beni mostra una decelerazione dell’inflazione dei servizi e un aumento dell’inflazione dei beni, con il differenziale tra le due che scende al 3,1% (dal 3,7% di settembre). “L’inflazione italiana dovrebbe aver superato il suo punto di minino. L’effetto deflattivo di base sui beni energetici dovrebbe esaurirsi nei prossimi mesi, ma a un ritmo graduale. Ciò dipenderà in larga misura dall’andamento dei prezzi del petrolio. Se i rischi peggiori sul fronte geopolitico saranno evitati, potremmo assistere a un graduale aumento della componente energetica, che potrebbe contribuire a spingere l’inflazione complessiva nell’area dell’1,5% entro fine anno”, prosegue Pizzoli. “I dati sul PIL del terzo trimestre, sorprendentemente deboli e difficili da interpretare, segnalano comunque una mancanza di forza della domanda interna. Quelli sul mercato del lavoro di settembre, diffusi sempre dall’Istat, mostrano la prima contrazione dell’occupazione in quattro mesi, la prima prova che la tenuta del mercato del lavoro non può essere scollegata dall’attività economica. Se la fase di assestamento del mercato del lavoro dovesse continuare nei prossimi mesi, la pressione sui salari, che a settembre sono cresciuti a un discreto ritmo annuo del 3,7%, sembra destinata ad attenuarsi, poiché la priorità potrebbe spostarsi dal recupero del potere d’acquisto al mantenimento della sicurezza del posto di lavoro. Ciò dovrebbe contribuire a contenere il rischio di una forte accelerazione dell’inflazione nei prossimi mesi. Un rapido sguardo a ciò che le indagini congiunturali ci dicono attualmente sull’andamento dei prezzi mostra un graduale declino delle intenzioni di aumento dei prezzi nei servizi e un loro graduale aumento nel settore manifatturiero, quindi non c’è una chiara direzione comune”.
Nel complesso, se i dati sull’inflazione di ottobre suggeriscono che la fase di disinflazione più spinta dovrebbe essere alle nostre spalle; tuttavia la fase di reflazione sembra destinata a essere graduale, data l’incertezza del contesto della domanda. “Confermiamo la nostra previsione per l’inflazione italiana media del 2024 all’1% e ne prevediamo un aumento all’1,6% nel 2025”, conclude Pizzoli.
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