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Crollo della produzione di auto elettriche in Germania


white and orange gasoline nozzle
Photo by Mike Bird on Pexels.com

La crisi del settore automobilistico non ha risparmiato nessuno nemmeno le fabbriche tedesche che un tempo erano le più floride. Dopo l’annuncio di Volkswagen sulla chiusura di tre stabilimenti e i tagli al personale e agli stipendi, anche altre case automobilistiche come Mercedes-Benz e Porsche sono in difficoltà. Il Gruppo di Stoccarda ha registrato un forte calo degli utili nel terzo trimestre del 2024, con una diminuzione delle vendite del 17% in Cina e del 25% in Germania. Il direttore finanziario Harald Wilhelm qualche giorno fa aveva commentato così le performance trimestrali: «I risultati del terzo trimestre non soddisfano le nostre ambizioni. Tuttavia, Mercedes-Benz continua a generare solidi flussi di cassa anche in tempi difficili. Stiamo valutando con prudenza l’evoluzione del mercato in futuro e intensificheremo gli sforzi per intensificheremo gli sforzi per aumentare ulteriormente l’efficienza e migliorare i costi in tutta l’azienda». Anche Porsche ha subito un significativo rallentamento nelle vendite nei primi nove mesi: l’utile operativo di gruppo ha registrato un calo del 26,7%, mentre i ricavi un significativo – 5,2%.

Mercedes-Benz e Porsche tagliano i costi

Le due case automobilistiche hanno avviato un piano di contenimento di costi per tamponare la situazione: basterà? Come molte case automobilistiche europee, Mercedes-Benz e Porsche hanno investito molto nella transizione ecologica per rispettare gli ambiziosi obiettivi dell’Unione Europea, che prevede che tutte le nuove auto siano elettriche entro il 2035. Ma il calo della domanda di auto elettriche negli ultimi mesi, la mancanza di incentivi, la concorrenza cinese hanno gettato il mercato tedesco e, più in generale, quello europeo in un clima di incertezza da cui è difficile vedere l’uscita. Colpa in primis degli stop che le catene produttive di auto e di quelle di tutti i componenti, ossia gli accessori ed i ricambi di auto, affrontati ai tempi del Covid, appena 3 anni fa e poi della corsa che hanno dovuto fare successivamente per stare al passo con le norme comunitarie già approvate  rivelatesi poi fin troppo stringenti rispetto alle esigenze delle aziende e degli automobilisti.

Il PPE ha chiesto la revisione del divieto dei motori a combustione interna

Non tutti in Europa la pensano come la Von der Leyen. Il 27 ottobre 2022, La Commissione europea accolse con favore l’accordo raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio sul pacchetto “Pronti per il 55%” il cui obiettivo fu quello di mettere fine entro il 2035 alla vendita di autovetture nuove con emissioni di CO2 in Europa Come tappa intermedia verso l’azzeramento delle emissioni, venne deciso che le nuove norme imponessero una riduzione delle emissioni medie pari al 55% entro il 2030 nelle autovetture nuove e al 50% entro il 2030 nei furgoni nuovi. L’accordo fu visto come il primo passo verso l’adozione delle proposte legislative “Pronti per il 55%” che la Commissione presentò nel luglio 2021, per dimostrare, in vista della COP27, che l’Unione era capace di tenere fede ai propri impegni internazionali sul clima. Pochi giorni fa però, i rappresentati del  PPE, il più grande gruppo politico al Parlamento Europeo con 188 deputati provenienti da tutti gli Stati membri, hanno chiesto una revisione del divieto dei motori a combustione interna, un approccio tecnologicamente neutrale per incoraggiare l’innovazione, misure temporanee di sgravio per aiutare le case automobilistiche a non essere penalizzate offrendo così una spinta per una più rapida espansione dell’infrastruttura dei veicoli elettrici. “L’industria automobilistica è un pilastro indispensabile per l’occupazione, l’innovazione e la prosperità in Europa. Allo stesso tempo, deve affrontare sfide enormi: concorrenza sleale, costi energetici elevati, calo della domanda, adattamento al cambiamento climatico e rigidi requisiti normativi che pesano sul settore. Il Gruppo PPE è fermamente impegnato per un’industria automobilistica forte e sostenibile. Con il piano di oggi, vogliamo creare condizioni quadro chiare affinché l’industria possa emergere più forte dalle crisi attuali”, ha dichiarato Jens Gieseke, eurodeputato responsabile del tema nel Gruppo PPE. “Chiediamo di tornare alla neutralità tecnologica come principio guida, avanziamo proposte per evitare penalizzazioni al settore e proponiamo come aiutare l’industria. Ci aspettiamo chiaramente che le nostre proposte vengano prese in considerazione dalla Commissione europea. Tutti noi vogliamo un’industria automobilistica europea potente e di successo”, ha sottolineato Gieseke.

Qui il testo completo del piano del Gruppo PPE

La profezia di Sergio Marchionne

Nell’ ottobre 2017, meno di un anno prima della sua prematura scomparsa, Sergio Marchionne, nella sua Lectio Magistralis pronunciata in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Ingegneria Meccatronica da parte dell’università di Trento, pronunciò una profonda critica al settore delle auto elettriche. «Le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissione nei centri urbani, ma sono un’arma a doppio taglio», osservò Marchionne. «Forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabili rappresenta una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta».

L’auto elettrica piace, ma costa troppo ed è poco duttile

Un sondaggio annuale di Ernst & Young con 19mila interviste in 28 paesi in tutto il mondo ha registrato un calo della propensione degli italiani a comprare un modello elettrificato (dal 70 al 65%). Più di 6 italiani su 10 vorrebbero comprare un’auto elettrificata nei prossimi 2 anni. Propensione in calo, anche se di poco, rispetto al 2023. Oggi il 65% degli italiani propende per la scelta di un’auto elettrica, ibrida o ibrida plug-in, era il 70% l’anno scorso. Ma resta comunque ben più alta della media europea che si ferma al 57%. Un crollo più significativo, a livello globale, si è registrato solo in Giappone (-13%, 56%).

Quali sono i paesi più propendi ad acquistare un’auto elettrica?  Ai primi posti in classifica troviamo Australia (+26%), Giappone (+15%) e Olanda (+6%). In termini assoluti, invece, la propensione all’acquisto di BEV, PHEV e ibride vede la Cina al primo posto (78%) seguita da Singapore (74%), Norvegia e Tailandia (73%) e Vietnam (72%)

Pro e contro di un’auto elettrica

Cosa spinge verso una soluzione di mobilità elettrica del tutto o in parte? I principali fattori che favoriscono l’acquisto di un veicolo elettrico, a livello globale, sono:

  • alto prezzo dei carburanti (per il 37% degli intervistati)
  • preoccupazioni per clima e ambiente (34%)
  • costi crescenti imposti ai veicoli endotermici (23%)
  • costo totale di proprietà inferiore (22%)
  • aumento della distanza percorribile con una ricarica (22%)

I principali fattori che frenano l’acquisto di un veicolo elettrico a livello globale sono:

  • mancanza di stazioni di ricarica (27%)
  • preoccupazioni per i costi di sostituzione delle batterie (26%)
  • distanza percorribile con una ricarica troppo breve (25%)
  • costi di riparazione e manutenzione (22%)
  • durata dei tempi di ricarica (18%)

Se si osserva più da vicino la propensione all’acquisto di veicoli elettrificati in Italia, si scopre che la flessione non riguarda la mobilità elettrica. Agli italiani l’auto elettrica piace, infatti la fiducia sale di 1 punto percentuale: dal 21% del 2023 al 22% del 2024. Anche se resta poco sotto la media globale, fissa al 24%. A calare sono invece le altre due tipologie. La propensione per i veicoli plug-in segna una leggera diminuzione dal 22% al 20%, ma rimane comunque superiore alla media globale del 12%. I veicoli ibridi calano nei desideri degli italiani dal 27% al 23% (ma anche qui il dato è sopra la media globale del 21%).

Perché gli italiani comprano poche auto elettriche?

Perché i prezzi troppo alti. Poi le criticità legate all’’infrastruttura di ricarica, il 30% ritiene che il tempo di ricarica sia troppo lungo e che ci sia una “scarsa disponibilità di punti di ricarica fast”.

Per riassumere, in Italia i  motivi per il no all’acquisto di un’auto elettrica nel 2024 sono 3:

  • prezzi troppo alti,
  • autonomia troppo limitata,
  • tempi di ricarica troppo lunghi

Le 3 sigle chiave dell’Europa

Nei prossimi mesi tre sigle Euro 7, Cafe e Fit for 55 richiederanno soluzioni a breve termine, cioè modifiche o evoluzioni di norme comunitarie già approvate e rivelatesi poi fin troppo stringenti rispetto alle esigenze delle aziende e degli automobilisti.

FIT FOR 55

Il 28 marzo 2023 il Consiglio europeo ha approvato il regolamento che segna il futuro della mobilità in direzione dei veicoli a batteria, all’interno del grande piano “Fit for 55”. Si prevede il blocco alla vendita di vetture con motore a combustione nei 27 Paesi della UE a partire dal 1° gennaio 2035. È prevista una “review stage”, una clausola di revisione che obbliga entro dicembre 2026 la Commissione “a monitorare il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante e di energia”. L’approvazione del piano “Fit for 55” ha portato con sé anche una concessione, la generica apertura all’utilizzo di motori a combustione alimentati da carburanti sintetici, ovvero ricavati da anidride carbonica prelevata dall’atmosfera e da idrogeno ricavato dall’acqua. Allo stato attuale, hanno costi esorbitanti e non appaiono come una alternativa percorribile. Nel frattempo, la media di auto elettriche vendute sul totale, nei primi 10 mesi dell’anno a livello continentale, corrisponde al 14,4%.

CAFE 

Il mancato decollo delle vendite di auto elettriche in Europa trasforma l’ennesima regola imposta con molto ottimismo alcuni anni fa in una emergenza che oggi affronta il mercato. Il suo nome tecnico è Corporate Average Fuel Economy (percorrenza media aziendale, ndr), abbreviato in un più amichevole Cafe, ma traducibile nell’obbligo imposto a tutti i costruttori automobilistici di commercializzare modelli che consumino meno carburante, misurando il risultato in minori emissioni di CO2. Il nuovo limite previsto dalla normativa Cafe, destinata ad entrare in vigore dal 1° gennaio 2025, corrisponde a circa a 95 grammi di CO2 per chilometro, cifra media calcolata sulla totalità dei modelli messi in commercio nell’Unione Europea da ogni singolo costruttore. La attuale normativa Cafe consente invece un limite massimo superiore a 110 grammi. Inutile sottolineare che, per restare entro i 95 grammi, le aziende dovrebbero aumentare in modo massiccio la percentuale di vetture elettriche vendute sul totale, ipotesi che il mercato non sembra consentire. In caso contrario, è prevista una multa di 95 euro per ogni grammo di sforamento, da moltiplicarsi per la somma complessiva delle vetture vendute nell’anno. Secondo gli analisti finanziari della banca Barclays, le case auto rischiano di pagare complessivamente oltre 10 miliardi di euro in multe per il solo 2025.

Euro 7

La nuova normativa sulle emissioni dei veicoli Euro 7 è destinata a sostituire ed ampliare l’Euro 6 in vigore dal 1° settembre 2014. Scatterà dal 1° settembre 2025 per auto e furgoni, con le case automobilistiche che avranno 30 mesi di tempo per adeguarsi. A cambiare è il limite massimo agli ossidi di azoto NOx, portato a 60 mg/km anche per vetture a gasolio, oggi a 80 mg/km, ma identico a quanto già accade per quelle a benzina. Più severi invece i test previsti, che coprono ora un numero ben maggiore di condizioni di guida, a partire da quelle in altitudine fino a 1.800 metri, a temperature fino a 45 gradi centigradi e soprattutto con accelerazioni a motore freddo. Euro 7 introduce anche limiti alle emissioni prodotte dal consumo degli pneumatici e dalle pastiglie dei freni, con una riduzione prevista fino al 27% rispetto alle attuali rilevazioni. La sostanza è che, secondo il giudizio pressoché unanime degli analisti del settore, a vantaggi limitati per l’ambiente corrisponderebbe un aumento considerevole dei costi industriali per adeguare le vetture, calcolato in 1.900 euro per i modelli a benzina e in 2.600 euro per quelli diesel. In entrambi i casi, una cifra ben superiore alle previsioni della Commissione europea, che stimava l’incremento in massimo 450 euro.



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