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In Italia Coin chiude dei punti vendita, oltreoceano sciopera chi lavora in appalto per Amazon


A meno di una settimana da Natale, l’aria di crisi colpisce in Italia e oltreoceano. In Italia già alle prese con la crisi del settore automobilistico, la Coin, una società per azioni italiana che operava nel settore della vendita d’abbigliamento composto da importanti società nel mercato italiano della vendita di abbigliamento al dettaglio, distributrici di marchi di prestigio e produttrici di proprie collezioni, dopo l’annuncio della chiusura a gennaio  del punto vendita di Grugliasco, nel Torinese, ha comunicato la cessazione delle attività entro il 2025 di una serie di sedi storiche della catena di grandi magazzini presenti dal Lazio al Veneto, fino a Milano nel corso dell’incontro al Mimit con le sigle sindacali. Al tavolo di crisi convocato al ministero delle Imprese del Made in Italy, alla presenza di rappresentanti della Regione Veneto e delle organizzazioni sindacali nazionali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil, i delegati Coin ha assicurato l’impegno per dare continuità all’attività e a mettere in atto un piano di risanamento e di rilancio a tutela dell’occupazione dei 1331 lavoratori del gruppo. Nel corso dell’incontro l’azienda ha però annunciato la chiusura nel corso del 2025 di altri 7 punti vendita, oltre a quello del centro commerciale di Grugliasco, nel Torinese, già fissata per gennaio. Ad abbassare le saracinesche saranno per primi due negozi della regione della catena veneta, uno nel centro di Vicenza e il Con outlet a San Donà di Piave, vicino Venezia, con 22 dipendenti per i quali è previsto il ricollocamento. Saranno in totale 92 i posti di lavoro tagliati nei punti vendita interessati dalle chiusure programmate da Coin entro la fine del prossimo anno: oltre a quelli già citati, chiuderanno anche i negozi di Roma Lunghezza, Roma Bufalotta, Latina, Milano City Life e Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze. Su spinta del ministero, l’azienda si è impegnata a non intraprendere azioni unilaterali, mantenendo un confronto con i rappresentanti sindacati, insieme ai quali discuterà la definizione del rapporto con i dipendenti interessati dalle chiusure nel prossimo incontro del 4 febbraio. Le sigle Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno ribadito forti preoccupazioni per la crisi, criticando la mancanza di trasparenza e comunicazione da pare del gruppo e chiedendo garanzie occupazionali per le lavoratrici e i lavoratori diretti e per tutto l’indotto.

Il tavolo di crisi

Lo stop alle attività è effetto della crisi, aggravata dalla pandemia, in cui l’azienda si è impantanata con un fatturato sceso da 300 a 250 milioni, accumulando debiti per 80 milioni. Coin ha presentato al Mimit un piano industriale basato su tre pilastri: l’ottimizzazione dei punti vendita, attraverso una migliore gestione degli spazi, la revisione del mix merceologico e il miglioramento del servizio tramite un maggior presidio negli store del personale. Con l’obiettivo di realizzare le strategie di risanamento e un ritorno alla redditività nel 2026, i delegati del gruppo hanno confermato che sono in corso interlocuzioni attive con potenziali investitori. Intanto l’azienda attende la risposta del tribunale alla richiesta di una proroga di altri due mesi, dalla scadenza del 24 dicembre, delle misure di tutela assicurate dalla fase di composizione negoziata della crisi, avviata a giugno. Una procedura che ha permesso finora di imbastire una serie di negoziazioni con la consulenza di un esperto indipendente, allo scopo di favorire la continuità aziendale e il dialogo con i creditori, oltre che l’attivazione di misure preventive per contrastare l’aggressione del debito.

Gli autisti di Amazon negli Usa…

Negli Usa invece gli autisti di Amazon, membri del sindacato Teamsters, sono in sciopero in 4 stati in ben 7 stabilimenti e, nonostante affermino di rappresentare 7.000 lavoratori in tutto il paese, Amazon ha reso noto di non sentirsi alle strette aggiungendo che il loro blocco non avrà ripercussioni sulle consegne durante le festività. Il primo stabilimento a proclamare lo sciopero alle 6 del mattino ieri giovedì 19 dicembre è stato uno stabilimento nel Queens. Poi, un’ora dopo, si sono uniti a loro i lavoratori di Skokie, Illinois, un sobborgo di Chicago. Alle 9 del mattino lo sciopero si è esteso alle sedi di Atlanta, San Francisco, Victorville e City of Industry, California. Il sindacato ha sottolineato che i profitti di Amazon, sono saliti alle stelle, soprattutto negli ultimi anni. Amazon ha registrato un utile netto di 39,2 miliardi di dollari nei primi nove mesi di quest’anno, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2023, con un fatturato di 450,2 miliardi di dollari quest’anno, il che la rende la seconda più grande azienda privata al mondo, dietro solo a Walmart in termini di fatturato.

Amazon non sente ragioni

IL braccio di ferro tra lavoratori e azienda pare si protrarrà per molti giorni. I Teamsters affermano che i propri membri sono in sciopero perché Amazon si rifiuta di negoziare non riconoscendo nemmeno il sindacato. Un fatto gravissimo. Ma scioperando la settimana prima di Natale e dell’Hanukkah, i Teamsters sperano di esercitare la massima pressione su Amazon. Nelle sedi in sciopero e destinate a scioperare giovedì, il sindacato afferma di rappresentare gli autisti che lavorano per un appaltatore di Amazon. Il sindacato sostiene che, in base a una norma annunciata dal NLRB, possono essere considerati datori di lavoro congiunti, sia il servizio di consegna che Amazon. Ma la norma congiunta dei datori di lavoro su cui fa affidamento il sindacato per cercare di ottenere un accordo migliore per gli autisti pare sia a rischio perché all’inizio dell’anno prossimo, il presidente eletto Trump nominerà un consigliere generale e dei membri del consiglio direttivo dell’NLRB più favorevoli alle imprese. Giovedì i Teamsters hanno organizzato picchetti non solo presso le strutture colpite, ma anche presso altri centri di distribuzione di Amazon. Amazon ha criticato quelle proteste, affermando che erano un tentativo di intimidire i lavoratori che volevano essere al lavoro. “Quello che vedete qui sono quasi tutti estranei, non dipendenti o partner di Amazon, e il suggerimento del contrario è solo un’altra bugia dei Teamster”, ha affermato la portavoce di Amazon Eileen Hand. “La verità è che non sono riusciti a ottenere abbastanza supporto dai nostri dipendenti e partner e hanno portato degli estranei a molestare e intimidire il nostro team, il che è inappropriato e pericoloso. Apprezziamo l’eccellente lavoro di tutto il nostro team per servire i loro clienti e le loro comunità e continuiamo a concentrarci sul far arrivare ai clienti i loro ordini per le vacanze”. La CNN ha confermato che alcune persone presenti ai picchetti erano Teamster di altri settori. Ma avere dei non scioperanti in un picchetto non è insolito durante uno sciopero e non è necessariamente un segno di tentativi di intimidazione.



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